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Sono i grassi e non il colesterolo a mettere a rischio la salute

Secondo gli scienziati statunitensi, non sarebbe il colesterolo in sé a essere deleterio per l’apparato cardiovascolare, ma i grassi trans e gli ossisteroli, ossia l’ossidazione del colesterolo.

Colesterolo o non colesterolo? Questo è davvero il dilemma.
Che sia proprio questa molecola, costituita dallo sterolo (da cui il nome), il nemico da combattere per prevenire le malattie dell’apparato cardiocircolatorio è da sempre oggetto di discussione tra gli accademici e gli esperti di nutrizione.
Se per qualcuno la differenza sta nelle due più famose varianti di questa molecola, ossia il colesterolo LDL (o cattivo) e l’HDL (o buono), per altri il colesterolo è sempre da tenere sotto controllo, a prescindere. Altri ancora, infine, ritengono che il colesterolo non sia un problema.

Quale che sia la verità, oggi a dire la sua ci ha pensato un famoso ricercatori statunitense, dalla veneranda età di 98 anni, il quale ritiene che il colesterolo sia addirittura benefico per il cuore. Al massimo, quello che può davvero danneggiare la salute del sistema cardiaco è il colesterolo ossidato, ovvero quello degradato dall’assunzione di grassi trans, dall’utilizzo di oli per frittura utilizzati più volte, i grassi polinsaturi e, non ultimo, il fumo.

Sì, il dottor Fred Kummerow – questo il suo nome – professore emerito di Scienze Biologiche comparate presso l’Università dell’Illinois, ha trascorso più di 6 anni nello studio dei fattori dietetici che contribuiscono alle malattie cardiache.
Nel suo nuovo studio, pubblicato sull’American Journal of Cardiovascular Disease, ha passato in rassegna le ricerche sul metabolismo lipidico e le malattie cardiache, con un particolare focus sul consumo di colesterolo ossidato.

«I lipidi ossidati contribuiscono alle malattie cardiache – sottolinea il prof. Kummerow – sia aumentando la deposizione di calcio sulla parete arteriosa (una caratteristica importante dell’aterosclerosi), e interrompendo il flusso di sangue: un importante contributo a un attacco cardiaco e la morte improvvisa».
Sono proprio i grassi ossidati a contribuire in maggior misura alle malattie cardiache e alla morte improvvisa per infarto, ricorda lo scienziato.

In questo studio, Kummerow e colleghi hanno scoperto che quando il colesterolo LDL (o lipoproteina a bassa densità) si ossida, aumenta la sintesi nelle piastrine di un agente di coagulazione del sangue, denominato Trombossano A2. Questo composto è piuttosto instabile, ed è causa di un’aggregazione piastrinica e vasocostrizione.
Se poi sommiamo i diversi fattori di rischio evidenziati dal team di ricerca possiamo essere quasi certi di danneggiare cuore e arterie.
Secondo  Kummerow, se qualcuno segue una dieta ricca di ossisteroli (i prodotti dell’ossidazione del colesterolo) e grassi trans e, in più, fuma sta mettendo in pericolo il cuore in tre modi. Gli ossisteroli aumentano la calcificazione delle arterie e promuovono la sintesi dell’agente di coagulazione. I grassi trans e il fumo di sigaretta, dal canto loro, interferiscono con la produzione di prostaciclina, un composto che tiene normalmente fluido il sangue.

Ricordando che le malattie cardiache causano centinaia di migliaia di morti ogni anno in Europa – milioni nel mondo – i ricercatori fanno dunque presente che è bene conoscere con chiarezza quali sono davvero i fattori di rischio, per evitare comportamenti controproducenti.

Fonte: La Stampa 01/03/2013

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LE REGOLE PER COMBATTERE IL COLESTEROLO

colesteroloCos’e’ il colesterolo

Il colesterolo, dal greco chole (bile) e stereos (solido),è uno steroide indispensabile per la vita dell’uomo che lo produce per biosintesi autonoma nella maggior parte del necessario(negli adulti tra 1 e 2 grammi al giorno) mentre solo una piccola parte (in media 0,1 fino 0,3, massimo 0,5 grammi) viene assunta con l’alimentazione di origine animale (cervella, fegato e trippa di bovino, uova, calamari e crostacei, burro e formaggi) in alimenti trasformati (latte e uova siano presenti come ingredienti) mentre è assente in alimenti quali pane, pasta, riso ed in tutti gli oli vegetali.

I livelli del colesterolo

Il controllo dei livelli di colesterolo nel sangue ha assunto negli ultimi anni un valore crescente, per la sua dimostrata capacità di ridurre gli eventi cardiovascolari come l’infarto, molto diffusi nelle popolazioni industrializzate come la nostra dove, recenti indagini del Cnr e de Inf, hanno rilevato che più della metà della popolazione, ha valori “non ottimali” di questo parametro (valori medi della colesterolemia nella superiori al limite dei 200 mg/dL), una specie di diffusione epidemica del problema per il quale, gli interventi di natura non farmacologica assumono, un particolare significato. In che modo?

La dieta mediterranea sembra comprendere, almeno parzialmente, gli interventi dietoterapici più efficaci per il controllo della colesterolemia come ad esempio l’abbondanza di verdura, ortaggi e legumi, l’utilizzo dell’olio d’oliva come condimento principale, il consumo limitato dei prodotti lattiero-caseari, delle carni rosse, delle uova e di vino, l’uso preferenziale di prodotti di origine locale non sottoposti quindi ad eccessivi processi di trasformazione e, per concludere, la buona abitudine di consumare frutta fresca al termine del pasto. Tutti questi aspetti rendono la dieta mediterranea un buon modello di riferimento per il controllo della colesterolemia, e per questo essa può rappresentare nel nostro Paese la base per la strategia di popolazione; in casi specifici (strategia individuale) la sua capacità di migliorare la colesterolemia totale e Ldl può essere aumentata mediante modificazioni della quota lipidica (per esempio aumentando l’apporto di polinsaturi) o mediante integrazioni specifiche (soia o fitosteroli). Gli interventi sui macronutrienti della dieta (essenzialmente sulla quota lipidica) inducono mediamente un calo della colesterolemia totale e LDL di ampiezza variabile, ma in genere dell’ordine del 5-10%.
Ma qualora questo risultato non sia sufficiente per ricondurre la colesterolemia di singoli individui ai valori obiettivo in relazione al loro livello individuale di rischio, e non sussista l’indicazione ad un trattamento farmacologico ipocolesterolemizzante, è possibile introdurre, in aggiunta alle correzioni dietetiche alimenti arricchiti in fitosteroli. L’integrazione nella dieta di prodotti a base di latte o yogurt (i cosiddetti minidrink) che contengano almeno 2 grammi di fitosteroli, riduce il colesterolo totale e LDL del 10-15% circa; questi prodotti vanno consumati preferibilmente durante o alla conclusione del pranzo o della cena.

Il ruolo delle fibre nel colesterolo.

Le fibre,in particolare quelle solubili come pectine, gomme e betaglucani contenute in cereali e legumi, possano avere un effetto di riduzione del colesterolo se introdotte nell’organismo in quantità di circa 25-30 g al giorno. Anche l’integrazione nella dieta di 25 grammi di proteine di soia, in parziale sostituzione delle proteine animali, riduce la colesterolemia totale e LDL.

Ma gli effetti igienico-sanitari non si devono limitare alla riduzione del colesterolo totale e Ldl, ma devono avere una ricaduta positiva anche sul colesterolo Hdl (quello buono) il cui compito fondamentale è rimuovere il colesterolo dalle placche localizzate a livello delle arterie. In tal senso l’apporto moderato di alcool e un’attività fisica regolare di tipo aerobico aumentano la colesterolemia Hdl. Inoltre, ai fini del controllo della colesterolemia e per una corretta prevenzione di patologie cardiovascolari è fondamentale per il soggetto svolgere una regolare attività fisica che migliora il profilo lipidico plasmatico e contribuisce al controllo del soprappeso e dell’ipertensione. Un’attività fisica regolare di tipo aerobico induce in genere un aumento della colesterolemia Hdl ed una riduzione della trigliceridemia, mentre gli effetti sulla colesterolemia totale e LDL sono incostanti ed in genere modesti.
L’effetto è, almeno entro certi limiti, dose dipendente, e la soglia di efficacia è di almeno 1500 kcal/settimana (equivalenti a circa 24 km la settimana di cammino veloce o di corsa).

Infine, come comportarsi in alcune specifiche situazioni come quella delle donne ipercolesterolemiche in menopausa, nelle quali interventi di riduzione dei formaggi possono teoricamente associarsi al rischio di osteoporosi? Una dieta alimentare a basso contenuto di grassi finalizzata a diminuire il rischio cardiovascolare, deve tenere in conto anche il fabbisogno di calcio, fondamentale per la prevenzione dell’osteoporosi. In questo senso può essere utile la scelta di alimenti a contenuto lipidico non elevato, come latte scremato e yogurt magri o alcuni tipi di pesce (per esempio calamari e polpo) e di verdure (rughetta, radicchio e broccoletti) e quelle acque con un buon contenuto di calcio. Quindi la scelta di alimenti ad adeguato tenore calcico e a ridotto contenuto lipidico, un appropriato apporto di vitamina D ed una regolare attività fisica, meglio se all’aria aperta, permettono di prevenire sia le malattie cardiovascolari che l’osteoporosi. Il controllo dietetico della colesterolemia è un obiettivo spesso raggiungibile: a patto di porre in essere gli interventi efficaci ed in modo appropriato. Una corretta informazione del pubblico e degli operatori sanitari si rende pertanto necessaria perché le potenzialità di una corretta alimentazione sulla colesterolemia possano essere implementate nella pratica.

Fonte: Messaggero Veneto — 15 settembre 2008

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La prima colazione fa bene al cuore

La prima colazione è un toccasana per il cuore. Infatti Hamid Farshchi, ricercatore dell’ Università di Nottingham in Gran Bretagna, ha scoperto che saltando la prima colazione il colesterolo sale nelle donne sane e magre coinvolte nella sua ricerca, mentre diminuisce la sensibilità del corpo all’insulina e aumentano le calorie consumate quotidianamente. Tutte queste condizioni, è ricordato sull’American Journal of Clinical Nutrition, fanno da apripista al diabete di tipo due, al sovrappeso e, quindi, alle malattie cardiovascolari. I ricercatori britannici hanno eseguito un esame attento del ruolo della colazione sullo stato di salute generale del corpo e sul suo metabolismo coinvolgendo un piccolo gruppo di giovani donne sane e in forma. Per due settimane metà campione doveva seguire una dieta a base di prima colazione. L’ altro gruppo doveva invece seguire una dieta identica salvo per l’ assenza della prima colazione.

Fonte: Repubblica — 28 febbraio 2005

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COLESTEROLO, UN PROBLEMA PER UN BAMBINO SU QUATTRO

Un quarto dei bambini italiani al di sotto dei 14 anni soffre di colesterolemia. Lo rivela uno studio, condotto a Roma, Milano, Torino e Napoli, il cui risultato apparirà sul numero di Febbraio della rivista Selezione dal Reader’ s Digest. Sono stati presi in esame centinaia di giovanissimi, alunni della scuola dell’ obbligo. Nel servizio si afferma che la principale causa della malattia è l’ ereditarietà. Grande importanza hanno, poi, le abitudini alimentari dei ragazzi, ha detto a Milano il prof. Marcello Giovannini, direttore della quinta clinica pediatrica dell’ università, che da tempo tiene sotto osservazione novecento bambini in età scolare. Secondo una sua collaboratrice, la dottoressa Maria Teresa Ortisi, molte responsabilità le hanno anche i genitori dei ragazzi. Quest’ ultimi, infatti, sono i primi a non sapere che le cattive abitudini alimentari prese da giovani, ben difficilmente vengono modificate in età adulta.

Fonte: Repubblica — 26 gennaio 1989

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‘ COLESTEROLO ALTO? MEGLIO LA DIETA CHE I FARMACI’

Il Framingham Study è forse la più famosa ricerca longitudinale della recente storia della medicina.
E’ cominciata oltre quarant’anni fa nella località degli Stati Uniti da cui prende il nome e riguarda cinquemila uomini e donne sull’arco di più generazioni. Il suo scopo è vedere che cosa hanno di diverso coloro che nel corso della vita sono colpiti da infarto del miocardio, ictus cerebrale, disturbi coronarici rispetto a coloro che da tali malattie rimangono esenti.

“La risposta che abbiamo trovato”, dice il coordinatore dello Studio William B. Kannel, a Bologna per un convegno sull’ aterosclerosi della Fondazione Menarini, “è che la maggior parte delle malattie cardiovascolari dipende sia da una predisposizione genetica e sia da fattori ambientali, come abitudini sbagliate che possono essere corrette. Ne consegue che anche i soggetti con una storia familiare di infarto possono evitarlo cambiando stile di vita”.
Kannel si riferisce alla vita sedentaria, al fumo, all’ eccesso di peso, che sono altrettanti fattori di rischio.
Ci sono poi elementi indipendenti dalla volontà del singolo come l’ inquinamento e il clima (troppo caldo o troppo freddo) che pure contribuiscono alla malattia coronarica ma sui quali è difficile agire.

Un’ altra ampia indagine, questa volta scandinava, è stata ricordata a Bologna da Rodolfo Paoletti, che dirige a Milano l’ Istituto di scienze farmacologiche dell’ università.
Lo Studio 4S – questo il nome dell’ indagine – dimostra come il trattamento con Simvastatina di soggetti con colesterolo alto che hanno già avuto un infarto o soffrono di angina pectoris riduca del 40 per cento le recidive, cioè i nuovi infarti, e di circa il 30 per cento la mortalità generale, cioè non solo cardiaca, rispetto al gruppo di controllo. La Simvastatina è un farmaco della famiglia delle statine, che abbassa il livello di colesterolo; e l’ ipercolesterolemìa, o eccesso di lipidi nel sangue, è il principale responsabile dell’ aterosclerosi (ostruzione delle arterie), a sua volta all’ origine delle maggiori malattie cardiovascolari. La domanda è dunque la seguente: dottor Kannel, sarebbe il caso, secondo lei, di sottoporre tutte le persone che superano ‘ quota duecento’ , il livello massimo di colesterolo consigliabile, a trattamento con farmaci per ridurre la colesterolemìa? “No, non tutte indiscriminatamente”, risponde il cardiologo. “Tratterei con statine solo coloro che hanno più di un fattore di rischio, quindi non solo un eccesso di lipidi ma anche la pressione alta, il diabete, l’ abitudine di fumare eccetera.
A questo sottogruppo darei, sì, il farmaco, mentre a coloro che hanno il colesterolo alto e nient’altro consiglierei semplicemente di cambiare dieta, fare più movimento e così via”.

‘ Quota duecento’ è davvero un limite invalicabile? “Sì, noi pensiamo decisamente che il limite di sicurezza sia al di sotto di duecento, parlando della popolazione in generale. In proposito le ricordo che la media dei livelli di colesterolo delle vittime dell’ infarto è di 223″. L’ appello che Kannel lancia urbi et orbi è di misurare regolarmente, dopo una certa età, il livello di colesterolo e la pressione sanguigna. “L’ ipertensione”, dice, “è un disturbo molto diffuso. Riguarda il 30 per cento delle persone di mezza età e il 60 per cento degli anziani”. Oltre che molto comune, l’ ipertensione è asintomatica nel 95 per cento dei casi, nel senso che ci si può sentire bene anche essendo affetti da ipertensione grave. Da questo punto di vista il disturbo è quindi ancor più insidioso. Benché spesso silente, la pressione alta non manca di provocare danni. “Gli ipertesi”, dice Kannel, “hanno una probabilità di venire colpiti da infarto, ictus e simili tre volte maggiore dei soggetti normali”. Ma la metà degli attacchi di cuore nelle donne ipertese e il 35 per cento negli uomini passa inosservato. Il terzo consiglio del padre del Framingham Heart Study è dunque, dopo il controllo della pressione e del colesterolo, un elettrocardiogramma a intervalli regolari.

Fonte: Repubblica — 07 luglio 1995

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GUERRA E PACE AL COLESTEROLO

MA L’ ALLARME COLESTEROLO SCATTA OLTRE QUOTA DUECENTO

L’ ORGANISMO costruisce il colesterolo ma non è in grado di distruggerlo. L’ unico modo che ha di liberarsene è l’ escrezione tramite la bile e quindi le feci, un meccanismo che però è facilmente saturabile. Quando il colesterolo satura la bile, quello in eccesso comincia a circolare nel sangue legato a lipoproteine e a depositarsi nelle arterie. La deposizione è evidente sopra i 200 milligrammi, ma può manifestarsi anche al di sotto.

Una ricerca sugli abitanti di Shangai indica come la riduzione del colesterolo già basso dei cinesi consenta di contrarre ulteriormente, con progressione lineare, il rischio di malattie ischemiche. Lo studio induce Carlo La Vecchia, epidemiologo del “Negri”, a riflettere sul concetto stesso di soglia di sicurezza. Le campagne che un po’ in tutto il mondo prescrivono di mantenersi a quota 200, in realtà dovrebbero dire che 200 è bene ma 150 è meglio, ovvero che più si scende meno si rischia.

La soglia dei 200 milligrammi è dunque un compromesso tra ciò che si considera cardiologicamente utile e ciò che si ritiene socialmente praticabile: insomma un livello ottimale che i ‘ moderati’ come Oliver e Garattini non considerano però tassativo, nel senso che al di sopra di questo esiste una “zona grigia” in cui non sappiamo ancora se convenga intervenire con farmaci oppure no. Sull’ utilità di controllare la dieta sono però quasi tutti d’ accordo. E in questo caso la dieta mediterranea resta la migliore.

MENO PERICOLI DAL COLESTEROLO PER CHI FA SPORT E BEVE POCO ALCOL

PER FORTUNA non tutto il colesterolo viene per nuocere: c’ è anche quello buono che a differenza del cattivo non intasa ma sgombra le arterie. Alla nascita, i 60 milligrammi di lipidi presenti nel sangue sono divisi in parti uguali tra colesterolo buono o Hdl (lipoproteine ad alta densità) e colesterolo aterogeno o Ldl (bassa densità) ma col passare degli anni il buono rimane invariato mentre il cattivo aumenta di quattro, cinque volte.

Le donne in età fertile hanno il colesterolo buono più elevato per via degli estrogeni, come pure gli sportivi e i bevitori di modiche quantità di alcol (mezzo litro di vino o un bicchiere piccolo di whisky al giorno), anche se la maggiore o minore quantità di Hdl dipende da fattori genetici. In pratica, un colesterolo totale alto può essere accettabile se la frazione di Hdl è elevata, mentre se il colesterolo buono è meno di 35 pur essendo quello totale nella norma, c’ è pericolo per le arterie.

A rischio sono anche coloro che pur avendo un colesterolo totale di 200 o poco più hanno Hdl basse e trigliceridi elevati (i trigliceridi sono le sostanze grasse che assumiamo con la dieta). Questi soggetti vanno trattati in modo diverso, ovvero cercando di abbassare i trigliceridi, ciò che purtroppo fa salire le Hdl. Ai fini di una terapia mirata è dunque necessario non accontentarsi di conoscere il colesterolo totale ma misurare separatamente Hdl, Ldl e trigliceridi.

Fonte: Repubblica — 13 febbraio 1995

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IL COLESTEROLO

dieta colesterolo altoIl COLESTEROLO è all’origine di disturbi che, soltanto in Italia, causano circa 250 mila decessi all’anno. Nemico delle arterie, lavora indisturbato per anni, complici i cibi ricchi di grassi saturi, lo stile di vita sedentario e una certa predisposizione. Si chiama colesterolo. Salute ha chiesto ad alcuni tra i massimi esperti del nostro paese di fare il punto sul “killer silenzioso”.

LE CONSEGUENZE DEL COLESTEROLO ALTO

Ne parla Rodolfo Paoletti, direttore dell’ Istituto di Scienze Farmacologiche dell’Universita’ di Milano. “Il colesterolo e’ il fattore di rischio principale di malattie cardiovascolari su base arteriosclerotica e uccide circa il doppio di tutti i tumori. Le principali conseguenze sono l’ infarto del miocardio, l’ ictus e le arteropatie degli arti inferiori, ossia il 50 per cento di tutte le patologie. Il prolungamento della vita media e’ all’ origine dell’ aumento di infarti soprattutto tra le donne: fino ai 50 anni gli infarti tra le donne sono sei volte meno frequenti rispetto agli uomini; dopo i 70-75 la loro incidenza cresce nel sesso femminile, che dopo la menopausa non e’ piu’ protetto dagli estrogeni. I soggetti infartuati sono persone ad alto rischio di morte cardiovascolare. Per questo e’ importante ridurre il colesterolo in maniera drastica con l’ aiuto di farmaci, in particolare le statine, tra chi e’ stato gia’ colpito dalle sue conseguenze ed e’ per prevenirle che bisogna ridurre il colesterolo nella dieta, tenendolo costantemente sotto controllo”.
FATTORI DI RISCHIO E CONTROLLO: ne parla Gianfranco Pagano, direttore del Dipartimento di Medicina Interna dell’ Universita’ di Torino. “Le cause primarie dell’ ipercolesterolemia sono le piu’ difficili da studiare. Esistono due rare forme genetiche conosciute, la omozigotica (che colpisce una persona su un milione) e l’ eterozigotica (1 caso su 600-1000 persone), che sono dovute a un deficit del recettore delle Ldl, il cosiddetto colesterolo cattivo, per cui il colesterolo non viene metabolizzato e resta in circolo nel sangue. Per queste forme una soluzione e’ la plasmaferesi, ossia l’ eliminazione dal sangue delle Ldl con l’ aiuto di appositi apparecchi. Le forme piu’ diffuse sono pero’ quelle poligenetiche, i cui geni non sono stati ancora identificati, ma su cui agiscono meglio la dieta ed eventualmente i farmaci. Linee guida internazionali concordano che se un individuo presenta trigliceridi, colesterolo e Hdl a livelli normali deve iptere l’ esae gni 3-5 anni.
Se i livelli sono invece elevati si procede a impostare una dieta.
Dopo 3-6 mesi di nuova alimentazione, se i valori restano elevati si avvia la terapia farmacologica. L’ obiettivo e’ mantenere il livello di Ldl a 160, ma e’ accettato fino a 190, se non ci sono altri fattori di rischio, sotto i 160 in presenza di altri fattori (familiarita’ , fumo, ipertensione, diabete) e sotto i 100, e fino ai 130, se il soggetto ha gia’ avuto un infarto”.

GLI STUDI PIU’ RECENTI SUL COLESTEROLO E LA FARMACOLOGIA

Ne parla Mario Mancini, ordinario di Clinica Medica all’ Universita’ Federico II di Napoli. “Gli studi degli ultimi anni hanno definitivamente superato gli scetticismi riguar’ do all’ importanza della correzione dell’ ipercolesterolemia, soprattutto in presenza di altri fattori di rischio, o di conclamata patologia coronarica. Il cosidetto studio 4 S (Scandinavian Sinvastatin Survival Study), ad esempio, e’ stato effettuato su circa duemila persone gia’ infartuate, o che comunque presentavano segni clinici di sofferenza coronarica, alle quali sono state somministrati 20 milligrammi al giorno di statine per 5-6 anni. Ebbene, si e’ provato che e’ possibile ridurre di circa il 40 per cento la mortalita’ coronarica e del 30 per cento la morte per tutte le cause con il controllo farmacologico dell’ ipercolesterolemia. L’ altra grande ricerca e’ quella CARE, coordinata da cardiologi di Boston, su persone con infarto ma con colesterolemia normale. Anche in questo caso l’ intervento terapeutico ha contribuito a ridurre del 25 per cento l’ incidenza di infarti fatali e non, e del 30 per cento anche gli ictus. E altrettanto importante e’ stato lo studio effettuato da ricercatori di Glasgow su circa 6 mila ipercolesterolemici che non avevano mai avuto episodi coronarici. La metà del gruppo, trattato per cinque anni con 40 milligrammi al giorno di pravastatina, aveva una diminuzione del 30 per cento circa di infarto o di morte coronarica rispetto all’ altra metà del gruppo alla quale era stata somministrato il placebo, cioè un prodotto inerte”.

SENZA IL COLESTEROLO NON C’ E’ VITA

NON tutto il colesterolo viene per nuocere. Anzi, senza di esso le cellule del corpo non potrebbero vivere normalmente. Perciò tutti abbiamo il colesterolo nel sangue. E oltre che nel sangue, esso è presente nei tessuti, nei grassi e negli olii animali, nella bile, nel tessuto cerebrale, nel latte, nel tuorlo d’ uovo, nelle guaine mieliniche delle fibre nervose, nel fegato, nel rene e nelle ghiandole surrenali. Ma cos’ è e a cosa serve? Il colesterolo è un lipide complesso, sintetizzato per la maggior parte dal fegato e assunto in forma inalterata dai cibi. Costituisce la materia prima per la produzione di ormoni steroidei (estrogeni, androgeni, cortisolo, ecc.) ed è, inoltre, componente essenziale di tutte le membrane cellulari. Le membrane, infatti, sono formate da lipidi e proteine: grazie alla loro costituzione permettono alla cellula di mantenere la sua individualità, senza sciogliersi nel mondo acquoso circostante, e di proteggere l’ interno della cellula. Il colesterolo viene distribuito a tutte le cellule tramite il trasporto sanguigno delle lipoproteine. Per questo, la misurazione nel sangue di particolari classi di lipoproteine fornisce un’ idea più precisa dei livelli di colesterolo presente: queste sono note come Hdl (High density lipoproteins, lipoproteine ad alta densità) e Ldl (Low density lipoproteins, lipoproteine a bassa densità). Le prime veicolano il colesterolo nel sangue svolgendo un’ azione protettiva nei confronti dell’ aterosclerosi (perciò si parla di “colesterolo buono”), contrariamente alla frazione di colesterolo veicolato dalle Ldl, detto anche “colesterolo cattivo”, che aumenta il rischio di ateromatosi. In condizioni fisiologiche la colesterolemia totale è di 150-280 milligrammi per 100 cc e risulta dalla somma di colesterolo libero ed esterificato (in associazione cioè con acidi grassi a catena lunga). Ma troppo colesterolo (ipercolesterolemia), può essere dannoso: il corpo non sa cosa farne e allora lo deposita nei tessuti adiposi o lo manda in circolo, incrostando le arterie e accrescendo il rischio cardiaco.

TOLLERANZE, PREGI E DIFETTI DEI FARMACI PRINCIPALI

QUANDO la dieta e il trattamento non farmacologico non bastano è necessario ricorrere alla terapia farmacologica. Ecco una rassegna delle principali sostanze disponibili.
Inibitori dell’ Hmg-CoA reduttasi – Si chiamano pravastatina, simvastatina, fluvastatina: e sono farmaci che agiscono sull’ enzima che accende la reazione limitante nella sintesi del colesterolo. Se assunte una volta al giorno, queste sostanze sono in grado di ridurre la concentrazione di colesterolo LDL e di trigliceridi nel sangue, e possono determinare un aumento del colesterolo HDL. Non solo: alcuni studi controllati in pazienti con atrosclearca hanno dimostrato che un trattamento a base di queste sostanze per due o quattro anni è in grado di rallentare la progressione della malattia, quando non di ridurre addirittura le lesioni coronariche. Questi farmaci, inoltre, sono generalmente ben tollerati.
Sequestranti degli acidi biliari – La colestiramina e il colestipolo abbassano le concentrazioni di colesterolo LDL. Si tratta di farmaci efficaci se il colesterolo è moderatamente elevato, ma possono rivelarsi insufficienti nei casi più gravi. Gli effetti collaterali di queste sostanze comprendono stipsi e disturbi digestivi, che per tendono a regredire col tempo.
Niacina – La niacina, o acido nicotinico, è una vitamina del gruppo B. Sebbene il meccanismo non sia noto, la niacina determina una diminuzione dei trigliceridi e del colesterolo LDL, mentre fa aumentare il colesterolo HDL del 20-40 per cento. Tra gli effetti collaterali più frequenti, prurito, vampate al volto e disturbi gastrointestinali.
Derivanti dell’ acido fibrico – Fenofibrato, benzafibrato e ciprofibrato sono efficaci nel ridurre i trigliceridi e nell’ aumentare il colesterolo HDL del 10-20 per cento. In genere questi farmaci sono ben tollerati.
Probucolo Questo farmaco può ridure il colesterolo LDL, ma ha lo svantaggio di ridurre anche le HDL. I suoi effetti collaterali sono per lo più di tipo gastrointestinale.

Glossario dei termini ricorrenti

I TERMINI più ricorrenti dell’ argomento colesterolo: Aneurisma: in un’ arteria, la formazione di un aneurisma, dilatazione di un viscere, può essere la conseguenza di un indebolimento della parete a causa di una deposizione lipidica (ateromatosi) con elementi fibrosi (arteriosclerosi).
Arteriosclerosi: gruppo di patologie caratterizzate da ispessimento e perdita di elasticità delle pareti arteriose. L’ arteriosclerosi predispone ad accidenti vascolari.
Ateroma: deposito di lipidi (colesterolo) e di proteine fibrose nello spessore della parete di un vaso sanguigno. Può essere causa di trombosi, embolia e aneurisma.
Aterosclerosi: forma piuttosto comune di arteriosclerosi dovuta alla formazione nelle arterie di grosso e medio calibro (coronarie, ad esempio) di depositi giallastri a placca (ateromi) contenenti colesterolo.
Cardiopatia: indica genericamente una malattia del cuore a carico delle valvole, del miocardio, delle coronarie o del tessuto connettivo.
Colesterolemia: concentrazione del colesterolo nel sangue.
Grassi (o Lipidi): classe di composti chimici presente in tutte le forme di vita, caratterizzata da alto contenuto energetico e scarsa solubilità in acqua. Comprendono gli acidi grassi semplici (i trigliceridi) i glicolipidi, i fosfolipidi e gli steroidi (tra cui il colesterolo).
Lipoproteine: i grassi non potrebbero circolare nel sangue se non fossero accoppiati a sostanze capaci di aumentarne la solubilità in acqua. E viaggiano dunque in aggregati con proteine specializzate a questo scopo, le lipoproteine Hdl e Ldl.
Trigliceridi: lipidi formati da glicerolo e tre molecole di acidi grassi. Presenti nel sangue perché provenienti dai lipidi della dieta o dai carboidrati in eccesso, trasformati in trigliceridi per poter essere immagazzinati nel tessuto adiposo o grasso. Livelli elevati sono indizio di un’ alimentazione troppo ricca in calorie totali.
Trombosi: il trombo è un coagulo sanguigno dentro un canale di un vaso. Può incominciare in corrispondenza di una placca di ateroma il cui rivestimento sia andato distrutto. Può ostruire completamente un vaso o può sgretolarsi e formare emboli di piccoli dimensioni.

GLI ITALIANI? SUL COLESTEROLO NE SANNO ANCORA TROPPO POCO

CHI POTREBBE negare che l’ argomento “colesterolo” è uno dei più ricorrenti a casa, sull’ autobus, tra colleghi e amici? Secondo un’ indagine della Cra Nielsen, su 4790 italiani dai 18 in su, il 67 per cento ha presente il problema e lo considera tra i principali fattori di rischio. Alla domanda: Avere il colesterolo alto nel sangue con quali conseguenze si associa? Il campione ha risposto: essere a rischio di una grave malattia cardiovascolare (53,3 per cento), essere grassi (31,4 per cento), bere troppi alcolici (6,1 per cento), avere una malattia del sangue. Il colesterolo elevato è dunque considerato uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare, assieme a pressione arteriosa elevata (52,1 per cento), sovrappeso (51,7 per cento), fumo (44,5 per cento) e vita sedentaria (15,4 per cento). La prevenzione interessa più le donne, soprattutto dopo i 60 anni, che riconoscono l’ importanza di dieta e farmaci. E, non a caso, negli ultimi anni, per accertare il valore del colesterolo nel sangue si è sottoposto ad analisi il 47 per cento degli intervistati, donne per il 50,7 per cento. Tra chi invece non ha eseguito esami si registra un picco tra gli uomini (55 per cento), soprattutto nella fascia di età compresa tra i 18 e i 28 anni (65 per cento). Ne emerge che ha il colesterolo alto il 10 per cento degli intervistati, nella norma il 60 per cento, mentre il 30 per cento non lo sa. Per tenere la situazione sotto controllo si ritiene utile modificare, innanzitutto, le abitudini alimentari (87 per cento), aumentare l’ attività fisica (29 per cento), prendere farmaci se la dieta non basta (24,2 per cento), fare una visita cardiologica ogni sei mesi (20 per cento), smettere di fumare (13,5 per cento), prendere farmaci comunque (9 per cento). Il 17 per cento del campione ha adottato negli ultimi anni precauzioni alimentari, riducendo i cibi grassi (il 9 per cento), i formaggi (13 per cento), i fritti (7 per cento), i dolci (3 per cento). Ma i tabù alimentari sono ancora molto diffusi.
Secondo un sondaggio dell’ Intermatrix, la carne rossa farebbe ingrassare, i latticini e i dolci pure. Si eliminano dalla dieta le uova al tegamino, ma poi si mangiano dolci, gelati e tagliatelle che contengono elevate quantità di colesterolo. Dimenticando spesso che il problema colesterolo non deriva tanto da cosa mangiamo, ma quanto e come lo mangiamo.

Fonte: Repubblica — 03 aprile 1997

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Gli italiani sottovalutano colesterolo e ipertensione

Gli italiani sottovalutano l’ ipertensione e il colesterolo: questi nemici del cuore, silenziosi perché non danno sintomi, sono percepiti come meno pericolosi rispetto ad altri fattori di rischio come fumo, sovrappeso e vita sedentaria. E’ quanto emerge dall’ indagine promossa da Pfizer Italia e presentata ieri a Stoccolma, dove è in corso la settimana Nobel. Sia chi soffre di ipertensione sia coloro che hanno alti livelli di colesterolo dichiarano che il disturbo ha un’ incidenza minima nella vita di tutti i giorni. Il 17 per cento degli italiani dichiara di essere iperteso, mentre l’ 8 per cento lo è ma non lo sa. E tre italiani su 4 non sono in grado di indicare i propri valori di colesterolo.

Fonte: Repubblica — 09 dicembre 2003

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Alzheimer, attenti al colesterolo

La perdita di colesterolo a livello cerebrale, e non il suo eccesso, può essere la causa della senescenza che, nelle forme estreme, sfocia nel morbo di Alzheimer. Una conferma a questa teoria già nota nel mondo scientifico è arrivata da una importante ricerca firmata dal neurologo Carlos Dotti, dell’ Istituto scientifico Fondazione Cavalieri Ottolenghi ospitato al San Luigi di Orbassano. Proprio oggi, una importante rivista scientifica internazionale, The journal of cell biology, darà notizia di questa scoperta del ricercatore torinese. I dati raccolti presso il laboratorio dello specialista Carlos Dotti hanno dimostrato che persone affette dal morbo di Alzheimer presentano, rispetto ad individui sani della stessa età, una riduzione del colesterolo neuronale. Tale riduzione determina una disorganizzazione a livello della membrana plasmatica neuronale che porta all’ aumento della produzione del peptide amiloide, una sostanza particolare che si sostituisce al substrato cellulare. Gli studiosi di tutto il mondo sono alla ricerca delle cause della senescenza e delle sue forme più estreme e invalidanti. La ricerca degli studiosi del San Luigi di Orbassano non è che un altro, importante tassello che porterà la comunità scientifica internazionale a individuare nei prossimi anni una cura contro l’ invecchiamento del cervello. La scoperta di Carlos Dotti potrebbe avere già un primo, immediato, risvolto terapeutico. La sua tesi, infatti, consiglierebbe l’ uso, nella prevenzione e cura del morbo, solo di inibitori della sintesi del colesterolo che non attraversano la barriera emato-encefalica. In altre parole, la sua ricerca servirà a identificare nuove molecole in grado di prevenire la perdita di colesterolo neuronale. E capaci di rallentare l’ insorgenza della degenerazione di queste cellule causa, anche se in grado decisamente inferiore, del normale invecchiamento del cervello.

Fonte: Repubblica — 06 dicembre 2004

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PROCESSO AL COLESTEROLO ‘ SE NON E’ IL KILLER E’ UN SUO COMPLICE’

Colesterolo no, colesterolo sì. Non bisogna ingerirlo perché uccide, colpendo al cuore. Oppure è innocuo, o, addirittura, fa bene, e allora via libera ai cibi grassi? Da cinque anni il messaggio è stato: il colesterolo fa venire l’ infarto, se lo riducete vivrete più a lungo. Ora invece si scopre che non è un nemico. Qual è la verità? “Purtroppo – osserva Attilio Maseri, direttore dell’ Istituto di Cardiologia dell’ Università Cattolica di Roma – la situazione è molto più complessa di quanto potrebbe apparire. Affermazioni come ‘ il colesterolo non è più un killer’ o magari fa bene semplificano troppo la questione. Non è esattamente questo l’ insegnamento che stiamo traendo dalle recenti ricerche. Stiamo scoprendo, che il colesterolo è solo uno dei ‘ complici’ , uno dei numerosi componenti della banda che uccide il cuore. Quindi il suo livello nel sangue non ha un potere ‘ predittivo’ dell’ infarto sufficientemente accurato. Bisogna indagare altri fattori di rischio e non solo con gli animali di laboratorio, ma direttamente nell’ uomo. Questo è il messaggio”. “Intorno al colesterolo ormai si è acceso un dibattito con toni a volte arroventati – conclude Maseri – Le affermazioni categoriche diventano degli estremismi che non rendono giustizia della complessità scientifica del problema”. E questo sta crescendo al punto da meritare una tavola rotonda. Si terrà a Modena il 30 ottobre e lì si confronteranno i nemici del colesterolo con coloro che lo vogliono riabilitare. Nel senso di liberarlo dal ruolo di unico assassino, cosa che, di fatto, impedisce di scoprire le gravi responsabilità di numerosi altri fattori, sottovalutate o completamente sconosciute. Che intanto continuano a colpire. Perché si è creato un tale conflitto? Perché lascia increduli la riabilitazione del colesterolo? E perché, quando è stato affermato – compiendo anche allora una semplificazione eccessiva – che il colesterolo è il killer del cuore, le persone si sono convinte al punto di stravolgere le loro abitudini alimentari e di imbottirsi di farmaci? Una risposta la da il dottor Marco Bobbio, della divisione cardiologica dell’ Università di Torino, in un suo recente studio sull’ argomento. “Innanzitutto – sostiene Bobbio – va rimarcato che molti critici si indignano più per i titoli che non per la lettura degli articoli, senza risalire alle fonti del dissidio. Detto questo, è indubbio che sulla questione del colesterolo l’ informazione abbia giocato un ruolo determinante”. Ma le fonti che l’ hanno alimentata, ovvero alcuni settori della ricerca medica, nel riferire i risultati delle indagini sono state parziali, dice in sintesi il suo saggio. “I meccanismi con cui – spiega Bobbio – sinora si è realizzata questa informazione indirizzata sono diversi. Il primo riguarda la ‘ spontanea’ selezione delle ricerche che danno i risultati a sostegno della tesi: diminuire il colesterolo nel sangue fa sempre bene”. E’ un fenomeno noto. Gli americani lo chiamano “The positive result bias”, errore da risultato positivo. Ovvero i dati che confermano la tesi si ricordano e si riferiscno più spesso. Quelli che, contraddicendola suggeriscono di rimetterla in discussione, si dimenticano. L’ esperto per primo può esserne vittima. “Il secondo meccanismo riguarda il metodo statistico con cui si calcola la riduzione relativa del rischio e che viene poi utilizzato per pubblicizzare la ricerca”. Ad esempio: dire “questa cura riduce il rischio d’ infarto del 34 per cento” è più convincente che affermare “questa cura ha ridotto gli eventi cardiaci di 1,4 casi ogni 100 casi trattati”. Eppure è la stessa ricerca presentata in modo diverso. Spesso ricordando di sfuggita gli effetti collaterali della cura. “Tutto questo va sottolineato – conclude Bobbio – non per negare il debole rapporto causale tra colesterolo e infarto ma solo per smorzare l’ entusiasmo di chi, in base a conoscenze ancora incomplete, ritenga necessario cambiare le abitudini di vita di una nazione. L’ obbiettivo dei medici deve essere quello di scoprire come migliorare la qualità e la durata della vita, non la prevenzione di per sé”.

Fonte: Repubblica — 18 ottobre 1991

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