L’inibizione di una proteina di trasporto dei trigliceridi potrebbe essere la chiave per una nuova terapia contro l’ipercolesterolemia familiare. L’inibitore testato è il BMS-201038, nome in codice di quello che potrebbe essere un farmaco sul cui utilizzo si baserebbe la nuova terapia. Lo sostiene un lavoro pubblicato sull’ultimo numero della rivista New England Journal of Medicine. Secondo quanto riportato dagli autori del lavoro, la terapia con l’inibitore BMS-201038 ha ridotto del 51 per cento la concentrazione di LDL nel sangue dei soggetti osservati.
Esistono due principali forme di ipercolesterolemia familiare: quella eterozigote e quella omozigote. Nel primo caso il gene che codifica per il recettore del colesterolo LDL, la forma del colesterolo che viene assorbito dalle cellule e che se è in eccesso si deposita sulle pareti delle arterie e per questo viene definito “cattivo”, è presente in un’unica copia funzionante e quindi presente in concentrazioni più basse. Per questo motivo la concentrazione di colesterolo nel sangue tende ad aumentare. Nel caso dell’ipercolesterolemia familiare omozigote il recettore del colesterolo LDL non si esprime; i soggetti affetti da questa forma di ipercolesterolemia sono costretti alla rimozione extracorporea delle LDL, di solito sviluppano la malattia dopo i venti anni e, se non si sottopongono a cure, non sopravvivono oltre i trent’anni.
I pazienti affetti da questa patologia ereditaria hanno valori di colesterolo nel sangue che variano dai 220 ai 550 mg/dl nel caso della forma eterozigote; per la forma omozigote si registrano concentrazioni di LDL che vanno dai 650 ai 1000 mg/dl.
“Per coloro che sono affetti da ipercolesterolemia familiare sarebbe veramente una svolta”, ha dichiarato Daniel Rader, uno degli autori dello studio.
Fonte: Cuchel M et al. Inibition of microsomal triglyceride transfer protein in familial hypercolesterolemia. NEJM 2007;356:148-56.